Presentazione del Libro Bianco delle Responsive Cities 2020 di FPA

Un'iniziativa a cura di FPA

Il Libro Bianco delle Responsive Cities 2020 è il risultato di un percorso di analisi e approfondimento promosso nel corso del 2020 da FPA e dedicato alle città e alla loro capacità di risposta all’emergenza sanitaria. L’obiettivo è stato quello di individuare e definire problemi e potenzialità comuni ai diversi territori, attraverso il confronto tra decision maker e stakeholder delle principali amministrazioni locali, al fine di definire percorsi e strumenti necessari a supportare processi decisionali delle amministrazioni locali.

Il Libro Bianco delle Responsive Cities 2020 di FPA è stato pubblicato e posto in consultazione pubblica online dal 16 dicembre 2020 al 2 febbraio 2021. Questa è la versione che accoglie tutti i commenti e le proposte di integrazione ricevute dalla community di FPA, nel periodo sopra indicato.

Premessa

Durante il corso del 2020 FPA ha svolto un articolato e intenso percorso di ascolto, di dialogo e confronto con amministratori locali, gestori delle utilities e operatori privati coinvolti nei processi di trasformazione, adattamento e sviluppo delle città e dei territori.

Siamo partiti con il Cantiere Smart City, realizzato in collaborazione con Wonderware ed Enel X, tre incontri a porte chiuse (giugno, settembre e novembre 2020) con i decision maker e stakeholder delle principali amministrazioni locali, per individuare e definire problemi e potenzialità comuni ai diversi territori, attraverso le esperienze portate al tavolo dai partecipanti. Ci siamo poi ritrovati al FORUM PA di Luglio con un appuntamento dedicato alle Città resilienti e a Settembre al festival Modena Smart Life 2020, di cui FPA è stata partner, con il convegno Il futuro delle città: dall’emergenza alla ripresa, moderato da Gianni Dominici, Direttore Generale di FPA e che ha visto la partecipazione di alcuni dei Sindaci delle maggiori città italiane: Chiara Appendino, Sindaca del Comune di Torino, Antonio Decaro, Sindaco del Comune di Bari, Federico Pizzarotti, Sindaco del Comune di Parma, Valeria Mancinelli, Sindaca del Comune di Ancona, Gian Carlo Muzzarelli, Sindaco del Comune di Modena e Paolo Truzzu, Sindaco del Comune di Cagliari.

Abbiamo proseguito il nostro percorso a FORUM PA – Restart Italia con un programma che fa del “ripartire” il suo modello concettuale, per approdare infine a FORUM PA CITTA’, dove presentiamo la nuova edizione di ICity Rank.

La vicinanza agli attori locali, ha permesso a FPA di seguire l’evolversi della vicenda pandemica, gli effetti che si stanno riversando sui territori, le domande emergenti, le azioni messe in campo in emergenza.

Alla fortissima presa d’atto di quanto in pochissimo tempo stesse accadendo - trasformando modi di vivere, di “usare” e di amministrare la città - e della rapidità quasi inedita con cui alcune soluzioni sono state approntate dalle amministrazioni locali in favore dei cittadini, si è accostata l’esigenza di comprendere quanto e come il cambiamento in atto sia duraturo, o meglio, quale sarà “l’eredità positiva” che l’esperienza dell’emergenza da COVID-19 consegnerà alla governance del futuro, producendo effetti significativi su un rinnovato modello di sviluppo urbano.

FPA ha deciso così di avviare un processo di advocacy partecipativo finalizzato a sostenere la centralità dei processi di innovazione in atto.

Il presente Libro Bianco è frutto di un lavoro condiviso.

Le principali questioni emerse durante gli incontri in termini di “eredità” e ripensamento strategico dei modelli, delle soluzioni e degli strumenti di governance sono state ricondotte ad alcuni temi portanti di riflessione e di intervento sinteticamente illustrati nei Capitoli che seguono: “fragilità urbane”, “uso della città”, “città condivisa”, “conoscere e intervenire nella città”.

Successivamente, attraverso la fase di consultazione pubblica, aperta dal 16 dicembre 2020 al 2 febbraio 2021, è stato poi raccolto il contributo della community allargata di esperti, amministratori locali e operatori privati.

Commento di Franco Amigoni, Assessore all’innovazione Comune di Fidenza

Documenti come questo Libro Bianco “attraverso una paziente e continua fecondazione di rete, si stanno assumendo il compito di trovare un linguaggio adeguato alla sfida da affrontare”.

Per il loro prezioso contributo, si ringraziano tra gli altri

Franco Amigoni, Adriano Bisello, Sebastiano Callari, Patrizia Cardillo, Massimo Casa, Tommaso Davi, Rosa Di Palma, Carlo Geri, Martino Pirella e tutta la community del Cantiere Smart City.


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Un anno diverso

Gli impatti dell’emergenza da Coronavirus - quella che, secondo l’OCSE è stata la terza più grave crisi del 21° secolo, dopo l’11 settembre e dopo la crisi finanziaria globale del 2008 - si sono riversati in misura dirompente sulle città e sui territori, come dimostrato dalle geografie di diffusione della pandemia e dagli impatti economici e sociali derivanti dalle misure introdotte per il contenimento del contagio.

Alcune città sono state colpite in modo profondo dall’epidemia (nei territori ad alta diffusione dell’epidemia si sono registrati incrementi in percentuale dei decessi rispetto alla media del periodo 2015-2019 a 3 cifre1) e tutte hanno risentito delle misure adottate per contrastarla, subendo in modo particolarmente accentuato le limitazioni alla mobilità e alle relazioni: la drammatica crisi dei settori commerciali, turistici e relazionali (cultura, intrattenimento) ne è solo l’aspetto più evidente.

Dal confronto con i sindaci e con gli amministratori locali realizzato da FPA nel corso degli appuntamenti e degli eventi dedicati alle città nel 20202 è emerso che, di fronte all’ondata emergenziale, le principali leve che hanno consentito la continuità dell’attività amministrativa e la tenuta stessa degli enti locali sono state, soprattutto, le reti di collaborazione e il digitale.

La mobilitazione – straordinaria e inattesa – degli attori del terzo settore, delle forze di protezione civile e del volontariato è stata riconosciuta all’unanimità come una risorsa aggiuntiva, ma essenziale, per raggiungere e sostenere la popolazione più colpita o più esposta agli effetti della pandemia.

Al contempo, il digitale ha reso possibili, trasversalmente, tutte le azioni e le iniziative attivate: dalla gestione dei processi interni alla macchina amministrativa all’erogazione dei servizi ai cittadini, alla comunicazione e condivisione dei processi.

Sul fronte della organizzazione e gestione urbane è emersa con molta chiarezza l’importanza degli strumenti di monitoraggio e controllo dei servizi e quella della loro integrazione: si pensi alla affannosa ricerca di dati credibili sull’andamento della mobilità o alla sperimentazione di modalità innovative per l’individuazione degli “assembramenti”.

Digitale e solidarietà hanno abilitato e dato concreta attuazione agli altri “ingredienti” della “resilienza amministrativa locale”: la creatività, per la messa in campo di soluzioni rapide, originali, in condizioni di generale carenza di risorse; l’ascolto delle esigenze e delle domande del territorio; la connessione interna con il proprio personale, esterna con gli altri livelli di governo e orizzontale con le forze del territorio; la responsabilità: «i Comuni», ha sottolineato Antonio Decaro nel corso dell’incontro a Modena Smart Life del 25 settembre, «hanno abdicato – responsabilmente – all’autorità che l’art. 50 del TUEL conferisce loro in materia sanitaria, cedendo al governo centrale e alle regioni un’intera parte del proprio potere e della propria autonomia, per evitare il rischio che 8.000 centri decisionali diversi vanificassero lo sforzo collettivo di contrasto al COVID-19».

Le indagini e le rilevazioni effettuate da FPA – soprattutto: ICity Rank 2020 nella sua “special edition”– hanno dato effettivamente evidenza dell’importante accelerazione dei processi di trasformazione digitale. Evidentemente i limiti alla mobilità e ai contatti fisici hanno consentito di vincere molte resistenze non solo nell’attuazione di forme di smart working ma anche nell’implementazione dell’accesso on line ai servizi da parte dei cittadini (facilitato dalla progressiva diffusione delle piattaforme tecnologiche standardizzate come Spid o Pagopa) e nell’utilizzo di modalità di comunicazione bilaterale (crescita dell’uso dei social media e delle app di pubblico interesse per dispositivi mobili).

Commento di Massimo Casa

“Le amministrazioni più “avanzate” digitalmente sono riuscite addirittura ad affinare le loro performances favorendo al contempo la crescita e l’attitudine digitale dei propri cittadini”.

Di fronte alla permanenza del tema delle disparità territoriali e delle aree deboli - da affrontare con un’azione sistemica che riguarda anche i progetti di infrastrutturazione nazionale in corso - il problema cruciale che oggi si pone con forza a livello urbano è quello della diffusione di una cultura digitale, sia all’interno delle amministrazioni (in termini di competenze e di organizzazione) sia tra i cittadini.

Che la ripresa del Paese dopo il terribile impatto sociale ed economico dell’epidemia Covid 19 abbia tra le direttrici fondamentali il rilancio dei centri urbani non dovrebbe essere oggetto di discussione: nei Paesi avanzati è il dinamismo dei sistemi urbani a determinare il ritmo di crescita dell’intera economia.

La questione, quindi, non dovrebbe essere “se” investire sulle città, ma “quanto” e, soprattutto, “come”.


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Footnotes

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+568% a Bergamo, +401% a Cremona, +377% a Lodi, +291% a Brescia, +264% a Piacenza, +208% a Parma, +174% a Lecco, +133% a Pavia, del +122% a Mantova, del +120% a Pesaro e Urbino (dati Istat, 2020).

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Dall’evento dedicato alle città di “Forum PA/resilienza digitale” del 9 luglio, agli appuntamenti del “Cantiere Smart City” di giugno, settembre e novembre, all’incontro nell’ambito di Modena Smart Life del 25 settembre, all’evento dedicato alle città nell’ambito di Forum PA/Restart Italia del 4 novembre 2020.

Quattro ambiti di riflessione e intervento

1- La città fragile

Monitoraggio e gestione delle debolezze sociali e funzionali urbane

Il primo ambito in cui si ritiene che i processi di innovazione adottati in emergenza vadano valorizzati è quello delle fragilità urbane, cioè delle dimensioni dell’ecosistema urbano che hanno mostrato una la loro particolare vulnerabilità nel corso del 2020: quello sociale dei cittadini che ordinariamente vivono al limite e dei quali in condizioni particolari si palesa la non autosufficienza, rendendo necessario un intervento di supporto, e quello funzionale dei servizi, la cui riduzione provoca disservizi che rendono molto difficile la vita e le attività quotidiane dei cittadini e delle imprese.

L’impatto del COVID ha reso più evidenti i divari sociali ed è stato più grave per le popolazioni vulnerabili che vivevano una condizione pregressa di deprivazione o di carenza di risorse. Per queste categorie sociali il distanziamento e la chiusura di vendita al dettaglio, trasporti, ristoranti e altri servizi è stata particolarmente problematica.

Raggiungere le popolazioni più fragili con azioni di sostegno è stata una delle priorità soddisfare per gli amministratori locali, coinvolti nel processo di ascolto intrapreso da FPA nel corso del 2020. I comuni si sono infatti resi protagonisti di una delle azioni amministrative più efficienti realizzate durante i mesi del primo lockdown, con la capacità di erogare, in pochi giorni, più di 400 milioni di buoni spesa alle famiglie in difficoltà.

Ulteriori azioni capillari, frutto di iniziativa spontanea, sono state possibili grazie alla mobilitazione straordinaria di cittadini, protezione civile, stakeholder del territorio, associazioni di volontariato, operatori del terzo settore e partner istituzionali che hanno collaborato stabilmente con i Comuni per supportare le persone in difficoltà.

Ciò che emerge, come lesson learned per il futuro è, soprattutto, una consapevolezza rinnovata della capacità dell’amministrazione locale di “andare verso i cittadini”, rovesciando il paradigma tradizionale di rapporto con la propria comunità.

Gli strumenti individuati per consolidare nel futuro una relazione più articolata, empatica e di prossimità tra amministrazione e cittadinanza attengono soprattutto a:

  • abilitazione di strumenti di monitoraggio e gestione delle fragilità sociali e funzionali del sistema cittadino;

  • attivazione di reti permanenti di collaborazione con operatori e stakeholder del territorio per il supporto alla popolazione più vulnerabile;

  • attivazione di portali unici per l’informazione alla cittadinanza sui servizi e le agevolazioni disponibili, interoperabili con altre piattaforme abilitanti per la finalizzazione delle domande.

Contributo di Sebastiano Callari, Assessore della Regione Friuli Venezia Giulia e coordinatore della Commissione speciale Agenda Digitale della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome

“La devastante pandemia in atto ci obbliga a ripensare - insieme alle nostre vite- il funzionamento delle nostre città e ci spinge verso scelte politiche forti e decisive a tutti i livelli. Scelte innovative e “rivoluzionarie”, in grado di avviare le città alla transizione digitale ed ecologica, solido binomio che richiede una contemporanea evoluzione. Durante questi mesi i centri abitati hanno risposto bene alla crisi in atto e all’emergenza sanitaria con iniziative di aiuto, cura e solidarietà. Tuttavia, questo periodo ha evidenziato il bisogno di “un’altra città”, meno fragile, più conosciuta, più partecipata e condivisa, più compatibile e digitale. Abbiamo capito che la città deve vivere la salute quale dimensione pubblica in grado di vedere i cittadini partecipi della cura quotidiana degli spazi collettivi, che le istituzioni devono riconsegnare come bene comune. La città deve essere solidale e, quindi, non deve creare disuguaglianze e distanze sociali, ma crescere in una dimensione comunitaria”.


2- L’uso della città

Modelli di attività e dislocazione delle attività

Il secondo ambito di riflessione e di intervento è quello dei modelli di uso del territorio cittadino, in proporzioni differenti, pianificati o spontanei, ma comunque appoggiati su dinamiche estensive e intensive di mobilità (quella residenza-lavoro ma anche quelle legate all’accesso ai servizi o alla relazionalità) che nei mesi della crisi sono venute meno evidenziando la necessità di proseguire non solo i percorsi di incentivazione delle varie forme di smart mobility, ma anche il ripensamento della distribuzione spaziale degli spazi e dei servizi urbani.

Contributo di Martino Pirella

“E’ facile immaginare che abbastanza rapidamente le aziende si rendano conto di quanto loro sedi fisiche siano enormemente sovradimensionate. Gli enormi palazzi ad uffici dove lavoravano migliaia di persone, così costosi in termini di affitto e manutenzione, forse non sono più così necessari. È quindi ben difficile pensare che, anche ad emergenza finita, si possa tornare indietro. Si potrebbe assistere ad uno svuotamento importante delle aree direzionali delle città, un tempo piene di attività, di persone, di movimento, di indotto (basti pensare banalmente a tutte le attività commerciali e di ristorazione di supporto agli uffici durante la pausa pranzo).

Tale dinamica potrebbe portare ad una rilevante modificazione dei valori immobiliari di aree un tempo pregiate e costose, oggi e nel futuro sempre meno ricercate e preziose. Una trasformazione che potrebbe riguardare non solo il settore degli uffici, ma, a catena, come in un contagio, anche quello del mercato residenziale.

Perché mai, infatti, continuare a sacrificare ampia parte del proprio reddito per vivere il più vicino possibile al luogo di lavoro quando è possibile lavorare da casa e recarsi in ufficio solo un paio di volte alla settimana?

Se questo è verosimile, lo è altrettanto l’impatto che tutto ciò può avere da un lato sul sistema dei trasporti e degli investimenti pubblici in infrastrutture, dall’altro sulla qualità della domanda residenziale, che, verosimilmente, potrebbe orientarsi su modelli insediativi meno centrali, addirittura esterni ai principali centri urbani, ma con più spazio interno: vani in più dove poter svolgere il proprio lavoro senza condividerlo con le attività domestiche o con gli altri membri della famiglia.

Sommando tra loro queste possibili tendenze, sembra di poter intravedere l’avvio di una importante crisi del processo di urbanizzazione, forse la prima vera crisi profonda e radicale del modello urbano occidentale dalla sua affermazione. New York, da sempre città simbolo dell’occidente industrializzato e direzionale, ne è in questo momento, l’esempio più importante”.

Secondo il rapporto della società immobiliare Cbre, gli investimenti sul mercato immobiliare “corporate”, ovvero su strutture quali uffici, logistica, alberghi o residenziale, dopo un 2019 da record, hanno registrato una contrazione del 29%.

Il “crollo” ha riguardato, in particolare, il cosiddetto take-up, ovvero l’assorbimento degli spazi da parte di chi affitta uffici e li va ad occupare: “nel 2020, Milano ha registrato infatti 277 mila mq di take-up, in calo del 41% sul 2019, mentre Roma ha registrato 123 mila mq, in calo del 56% rispetto all’anno precedente” Tra gli altri effetti, l’incertezza ha portato a far scendere «la quota di investitori stranieri si è ridotta al 58% rispetto a una media del 69% negli ultimi 5 anni; questo dato non segnala un minore interesse per il mercato italiano, ma un atteggiamento probabilmente più prudenziale e cautelativo dovuto alla situazione di incertezza causata dalla pandemia” (fonte: Repubblica, 14 gennaio 2021).

Si tratta di un fenomeno sotto osservazione, al centro degli studiosi di demografia, urbanistica e analisi del settore immobiliare, tendenzialmente d’accordo sulla lettura dei dati ma molto prudenti sulle ipotesi per il futuro.

Non stupisce, in ogni caso, il successo ottenuto nel corso del 2020 dal paradigma urbano della “città dei 15 minuti”, orientato a mettere al centro il cittadino, la prossimità ai servizi fondamentali e il tempo, come dimensione da liberare, soprattutto, dalle costrizioni degli spostamenti quotidiani casa-lavoro e dei flussi di traffico veicolare.

Nel modello proposto dal Dipartimento di Innovazione territoriale dell’Università La Sorbona di Parigi sotto la guida del prof. Carlos Moreno e adottato dal sindaco di Parigi Anne Hidalgo, che ne ha fatto oggetto di un assessorato, lo scopo è che ogni cittadino possa soddisfare alla distanza di un quarto d’ora da casa propria sei funzioni sociali urbane fondamentali: vivere, lavorare, rifornirsi/acquistare beni, curarsi, apprendere, godere del proprio tempo libero.

Nel caso di Parigi, le sei funzioni fondamentali sono state a loro volta scomposte in un’ontologia di usi e servizi che generano una matrice della qualità della vita, che è attualmente la base sia per indagare l’offerta di usi e funzioni in atto che per progettare una nuova diffusione e distribuzione di servizi in un contesto non più di segmentazione e specializzazione funzionale - come quello che ha dato vita alle città moderne - ma di integrazione e mix funzionale.

Nel contesto italiano, sono almeno due le città che hanno recepito questo modello in recentissimi strumenti di governo del territorio: Milano e Torino.

Nel nuovo Piano di Governo del Territorio di Milano, Milano 2030, approvato a febbraio di quest’anno, nella sezione “Milano dei quartieri” si propongono «interventi di dimensioni prevalentemente ridotte, articolati e non isolabili, dotati di una forte integrazione; interventi diffusi nel tessuto consolidato della città e non concentrati entro esclusivi “Ambiti di trasformazione”; interventi che interessano spazi costruiti e aperti, pubblici e privati, dismessi e utilizzati, spazi del movimento e spazi della sosta, che privilegiano la scala ravvicinata del quartiere pur se inseriti all’interno di un quadro di coerenza di scala urbana».

Un riferimento diretto alla città dei 15’ è rinvenibile anche nel quaderno 8 della Proposta Tecnica del Nuovo Piano Regolatore di Torino, approvata il 20 luglio scorso, con cui si intende «ridefinire ed in parte confermare l’idea di città sostenibile e resiliente in grado di promuovere e garantire la salute e il benessere dei cittadini, modificando o accelerando alcuni processi in corso ove non promuovendone di nuovi. Sono fondamentali pertanto le azioni già intraprese di analisi del verde di prossimità o di “camminabilità”, così come il rafforzamento dello spazio pubblico di quartiere nell’ambito del progetto di città multicentrica che punti alla distribuzione omogenea sul territorio dei servizi, delle aree verdi, della qualità urbana».


3- La città condivisa

Collaborative governance e partecipazione dei cittadini al governo urbano

Il quarto ambito di considerazione dei processi e delle vocazioni di innovazione urbana è quello della condivisione delle informazioni e delle scelte tra amministrazioni, cittadini, operatori economici e gestori dei servizi. Anche questa dimensione si è dimostrata cruciale nelle circostanze di emergenza e risulta fondamentale sia nella gestione ordinaria della città, sia nella effettuazione delle scelte strategiche.

Contributo di Patrizia Cardillo, responsabile protezione e privacy di ARERA - Autorità di regolazione per Energia, Reti e Ambiente

“Non si può che essere d’accordo con questa affermazione che, a ben guardare, sottende un altro obiettivo primario: ricostruire la fiducia nella nostra pubblica amministrazione.

La pandemia ci ha dimostrato che abbiamo bisogno di una pubblica amministrazione vicina ai cittadini che offra servizi, welfare, sanità, che faccia ricerca.

Per anni demonizzata, evocata come la “madre di tutti i mali della nostra società”, obiettivo facile per una politica priva di idee, la pubblica amministrazione ha oggi una fortissima occasione di riscatto, a partire dalla condivisione delle esperienze, dal fare rete, dal fare un gioco di squadra in uno scambio osmotico continuo. È questa la chiave per la crescita: far sì che la strada trovata e sperimentata da uno, costituisca fattore di crescita per tutti.

Per far questo occorre mettere da parte ogni divisione e sviluppare e nutrire un principio di condivisione delle informazioni dal quale derivi la possibilità di accedere ai servizi in maniera semplice e in sicurezza.

Affinchè ciò sia possibile, i dati e le informazioni che ci riguardano devono poter circolare. Il Regolamento europeo 2016/679 ci indica la strada. Le indicazioni contemplate dai suoi 99 articoli non devono essere considerati meri adempimenti burocratici ma devono essere strumento di consapevolezza dei propri diritti e servire, piuttosto, ad assicurare la libera circolazione di dati e informazioni, possibile proprio nella misura in cui i principi di tutela vengano rispettati.

Per “proteggere” i dati ci sono organismi di vigilanza europei e nazionali che, oltre a garantire un’applicazione uniforme e coerente del regolamento tra gli Stati Membri, promuovono cooperazione, assistenza, condivisione delle controversie.

Tuttavia, è evidente che gli sforzi profusi a livello centrale (nazionale e comunitario), rischiano di risultare profondamente indeboliti se, a livello di cittadinanza, non si diffonde la cultura e la consapevolezza del valore dei dati e delle informazioni come volano di sviluppo.

Formazione e sensibilizzazione sono dunque obiettivi necessari per promuovere e diffondere un atteggiamento di “fiducia” e per condividere esperienze, così come auspicato in uno dei momenti di riflessione e di stimolo promossi da FPA per raccogliere le migliori esperienze che innovano e che stanno trasformando le nostre città”.

Le città hanno collaborato con un’ampia gamma di attori, inclusi i governi nazionali e regionali, le parti interessate urbane e i cittadini, al fine di progettare e attuare risposte immediate a breve e lungo termine alle molteplici dimensioni della crisi COVID - 19.

Nel suo intervento a FORUM PA - Restart Italia del 4 novembre 2020, il Ministro per gli Affari regionali e Autonomie ha evidenziato come la crisi pandemica abbia modificato le relazioni e intensificato il confronto tra Governo, Regioni ed Enti locali, trasformando la Conferenza Stato Regioni e la Conferenza unificata in un tavolo di confronto permanente.

Le reti cittadine nazionali e internazionali1 sono state attive nello scambio di conoscenze e di esperienze e stanno giocando un ruolo chiave nel loro dialogo con i livelli centrali per chiedere azioni coordinate e un approccio olistico e integrato al recupero urbano e alla resilienza a lungo termine (si veda a questo proposito il documento sulle linee guida per il Recovery Fund presentato da ANCI al Governo).

Un dialogo multilivello efficace e meccanismi di coordinamento sono essenziali per alleggerire le tensioni tra i livelli di governo e gestire le situazioni critiche.

Analogamente, a livello locale, tra amministrazioni, cittadini e stakeholder del territorio si sono intensificate le azioni di coinvolgimento inter-attoriale (PA, cittadini, altri stakeholder del territorio), secondo un approccio dialogico e collaborativo, sia nei meccanismi di controllo dell’epidemia sia nell’elaborazione e condivisione di strategie per il superamento delle attuali criticità.

Contributo di Franco Amigoni, Assessore all’innovazione Comune di Fidenza

“In generale, un trend evidente che dovrà manifestare appieno le sue peculiarità è rappresentato dall’incremento del ruolo di una conduzione politica assertiva e proattiva. Non è stato possibile per gli amministratori «giocare di rimessa» con le politiche locali nel corso del 2020, e la domanda da porsi è se sia una esperienza consolidabile aldilà della temporaneità emergenziale, allo scopo di garantire un rinnovato significato alle auspicate partnership pubblico private e all’esigenza del volontariato di trovare un sostegno e un indirizzo chiaro sul territorio”.

Un ulteriore contributo di riflessione su un rinnovato spazio politico e condiviso delle decisioni:

Contributo di Sebastiano Callari, Assessore della Regione Friuli Venezia Giulia e coordinatore della Commissione speciale Agenda Digitale della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome

“Il digitale cambierà definitivamente la nostra vita (e in gran parte lo sta già facendo) e muterà profondamente le nostre città. Ma la transizione digitale, la più grande opzione che la storia ci offre per guardare ad un significativo miglioramento, potrebbe non essere priva di rischi: per il processo democratico, per l’uguaglianza e l’universalità, per i diritti fondamentali. Rischi che si scaricano innanzitutto sulle città, luogo di vita dei cittadini. Rischi che sta a noi contrastare.

La grave emergenza in atto ha innescato uno stato d’eccezione e determinato l’avvento dei tecnici, sempre più presenti all’interno (e a fianco) delle burocrazie pubbliche e sempre di più influenti nella regolazione della vita dei cittadini. Una presenza che ha spinto - soprattutto su scala territoriale - ad una sorta di depoliticizzazione delle decisioni.

Le città devono riappropriarsi della Politica, ovvero dell’esercizio responsabile del potere nelle decisioni ultime circa la vita della polis.

Una Politica che - superata la pandemia in atto e l’emergenza che l’accompagna - dovrà quindi saper ri-progettare “città digitali e verdi”, città che curano, che offrono occasioni di progresso per le proprie Comunità, che siano in grado di fare occupazione, di ripensare il welfare (che deve essere sempre più generativo), di fare giustizia sociale, di superare le crescenti disuguaglianze, la persistente disoccupazione e la precarizzazione delle forme di lavoro e che sappiano essere pronte e attive anche di fronte all’inatteso e all’imprevisto.

È il digitale la chiave di volta del futuro delle nostre città e, quindi, della nostra vita. Col digitale cambia tutto: cambia il nostro modo di lavorare, di studiare ed apprendere, di comunicare, di curarci, di partecipare, di divertirci, di socializzare e di muoverci. E cambia, quindi, radicalmente anche il governo delle città e il nostro “modo di fare amministrazione e di fare politica”.

Un cambiamento che dovrà mettere in discussione strumenti e metodi, norme e prassi, piani e programmi e che dovrà partire da un “Anno zero”, da una rifondazione dei nostri centri, ove il digitale assuma una dimensione trasversale in grado di “condizionare” positivamente ogni settore e ambito di azione pubblica e tutte le decisioni, ciascun lavoratore pubblico, tutti i decisori, i cittadini e gli stakeholder.

Arrivo ad ipotizzare che ciascun atto amministrativo e ogni disposizione normativa debbano essere d’ora in avanti accompagnati da una sorta di “parere digitale” in grado di valutare la “compatibilità” della scelta/decisione che si intende adottare con la dimensione (e la sua implementazione) digitale”.

Non sono state poche le città che hanno attivato, da questo punto di vista, tavoli permanenti di confronto e che hanno lanciato position paper aperti alla cittadinanza per disegnare il futuro della ripartenza.

Tra quelle con cui FPA si è confrontata nel corso del 2020, si segnala l’esperienza del Comune di Bergamo e quella del Comune di Milano.

Il Comune di Bergamo ha patrocinato il white paper “Adaptive Cities. User Centered Approach, Contextual Design e Innovation Management per l’evoluzione della città”, promuovendo il concetto di adaptive city secondo approcci di human centered design e management dell’innovazione.

Il comune di Milano ha aperto una call per ricevere contributi da parte della cittadinanza a “Milano 2020. Strategia di adattamento”, un documento che ha lo scopo di elaborare una strategia per lo scenario della ripartenza del Comune di Milano dopo l’emergenza pandemica e il disegno del new normal. I contributi pervenuti al comune sono stati 2.967.

Si tratta della promozione di un modello di governance aperto e partecipato che, attivato in emergenza, potrà avere un forte significato nel futuro.


4- Conoscere la città e intervenire (consapevolmente e tempestivamente)

Sistemi integrati di monitoraggio del territorio

Il terzo ambito di approfondimento è quello della conoscenza della città, ovvero della possibilità/necessità di disporre (certamente in condizioni critiche, ma anche in quelle ordinarie) degli strumenti per raccogliere, ordinare, analizzare e interpretare l’enorme mole di dati oggi disponibili sui fenomeni e comportamenti urbani con la riproposizione, moltiplicata, dell’importanza ma anche della complessità dei progetti di costruzione di Smart City Control Room, che diverse città stanno portando avanti.

La drammatica esperienza vissuta dalle città italiane durante i mesi del lockdown ha evidenziato la necessità di dotarsi di strumenti di presidio del territorio per l’acquisizione di dati e informazioni che consentano interventi mirati, riducendo al minimo interferenze e inefficienze.

Si tratta di un livello di azione molto ambizioso che oggi, grazie alle tecnologie, può efficacemente essere supportato da sistemi digitali integrati di monitoraggio e controllo del territorio.

Sensori, reti di comunicazione e centri di elaborazione dati sono gli elementi fondamentali di una Smart City Control Room che può gestire al suo interno un vasto numero di reti di distribuzione e di sensoristica: da quella dell’illuminazione pubblica, a quella semaforica, alle smart grid della rete idrica, ai sistemi di rilevamento della qualità dell’aria, ai sistemi di videosorveglianza etc.

La Smart City Control Room è un sistema particolarmente performante per la gestione delle infrastrutture, dei servizi e delle emergenze in ambito urbano, la cui complessità oltre che nell’implementazione tecnica, risiede nelle dinamiche pubbliche e amministrative alla base del suo governo.

Il principio cardine di una Smart City Control Room è, infatti, quello della condivisione: condivisione di dati, delle modalità di analisi, dei modelli interpretativi e delle misure di intervento da parte dei diversi soggetti coinvolti, perlopiù gestori di reti e servizi pubblici, oltre che attori amministrativi.

La complessità di un tale progetto non può prescindere da una forte volontà politica - integrandosi con un processo ampio di pianificazione strategica della città digitale - e deve dotarsi di specifiche competenze nel contesto amministrativo, in grado di coinvolgere la platea degli attori, gestire le procedure amministrative, reperire le fonti di finanziamento.

I vantaggi risiedono nell’opportunità di avere informazioni puntuali basate su dati in real time; nella possibilità di coordinare efficacemente gli interventi, potendo attribuire da un’unica sala di comando in cui risiedono i diversi attori delle utilities responsabilità e competenze; nell’opportunità di comunicare rapidamente a cittadini il sopraggiungere di criticità evitando l’aggravarsi del rischio.

Il tema della Smart City Control Room attraversa trasversalmente i quattro ambiti oggetto di approfondimento del presente Libro Bianco, nei quali si sono manifestati effetti rilevanti e attivate significative reazioni rispetto alla crisi sanitaria, ma in particolare riguarda:

  • la gestione delle fragilità urbane e sociali;

  • la partecipazione dei cittadini al governo urbano;

  • i sistemi di monitoraggio e i modelli di analisi dei dati.


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Footnotes

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Per l’Italia, soprattutto, ANCI e URBACT

Le opportunità per le città

La dimensione degli impatti sociali ed economici dell’epidemia da COVID-19, la particolare esposizione di regioni e territori a trazione economica solida (si pensi, per l’Italia, alle regioni della Lombardia, del Veneto, dell’Emilia Romagna), hanno aperto uno spaccato di profonda riflessione presso le istituzioni, il mondo della ricerca, del lavoro e dell’opinione pubblica, sull’adeguatezza del modello di sviluppo conseguito fino all’emergenza e sui valori e principi da infondere nel new normal.

Riflettere sul futuro delle città significa riflettere sul modello di sviluppo che ogni comunità, a tutti livelli, intende perseguire, e questo richiede un quadro di riferimento e obiettivi chiari per guidare un’azione convergente da parte di tutti gli attori sociali, economici e istituzionali.

Da questo punto di vista è indubbio che, ad oggi, le risorse messe in campo con il Recovery Fund (209 miliardi per l’Italia di cui 82 in sussidi e 127 in prestiti), i pilastri politici dettati a livello UE (la commissione UE ha chiesto di investire almeno il 37% del Recovery Fund per realizzare il Green New Deal con l’obiettivo di ridurre le emissioni per il 2030 dal 40% al 55% e di definire un piano comune per l’Europa digitale con obiettivi chiaramente definiti per il 2030 in ambiti come la connettività, le competenze e i servizi pubblici digitali finanziato con il 20% del bilancio di Next Generation EU) e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresentano il principale quadro dentro il quale questo modello di sviluppo andrà pensato e attuato.

Tutte le sei missioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienzadigitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; parità di genere, coesione sociale e territoriale; salute - a loro volta raggruppate in componenti o insiemi di progetti omogenei, impattano sulle città e sui territori.

Non solo. Come evidenziato in un recente editoriale di Carlo Mochi Sismondi sulle pagine online di FPA, nel PNRR quasi tutte le 10 priorità individuate da ANCI in questo documento sulle linee guida per il Recovery Fund risultano recepite «ma ciò che forse manca è una politica urbana integrata di cui le nostre città e le nostre comunità avrebbero bisogno», mentre «appare sottovalutata la responsabilità locale nell’ambito della governance nel piano», sebbene si sia consapevoli di quanto questo tema, ad oggi, sia molto spinoso.

L’anno della pandemia ha mostrato capacità di reazione ed eccellenze portatrici di valori trainanti, ma non sufficienti a “fare sistema”. Per questo occorrerebbe che le città e i territori risultassero al centro dell’agenda politica nazionale e che fossero oggetto di un piano sistemico con una una dimensione finanziaria adeguata a sostenere, in tutti i sistemi urbani italiani, sia i necessari interventi hard (infrastrutturali) sia i fondamentali interventi soft (sistemi di generazione, acquisizione ed elaborazione dei dati e le loro integrazioni; nuove competenze digitali).

Se non ora quando? Quando si avrà di nuovo l’opportunità di investire risorse in misura così cospicua come nei prossimi anni? E quando si avrà di nuovo l’opportunità di intercettare una trasformazione epocale nel momento in cui si sta effettivamente determinando?


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Le scelte da compiere

Dal confronto con gli amministratori locali, i tecnici, gli operatori e gestori delle utilities urbane che FPA ha condotto nel corso del 2020, è emerso un quadro di indicazioni in grado di rappresentare ambiti di destinazione prioritaria delle risorse del Next Generation EU per valorizzare e accelerare le dinamiche positive emerse soprattutto in tema di: trasformazione digitale, governance multi-livello e multi-attoriale e ripensamento dei modelli urbani.


ACCELERAZIONE DEI PROCESSI DI TRASFORMAZIONE DIGITALE PER IL MONITORAGGIO DEL TERRITORIO E UN’AZIONE TEMPESTIVA, INFORMATA E CONDIVISA

Nell’ottica di attuare in maniera stabile e duratura un cambio di paradigma che veda l’amministrazione locale “raggiungere” diffusamente e capillarmente i cittadini (piuttosto che il contrario) con un’azione “intelligente”, “informata” e “tempestiva” – soprattutto al sopraggiungere di criticità non previste - si rendono necessari i seguenti interventi:

  • Abilitazione di strumenti di implementazione, acquisizione, analisi ed elaborazione dati per il monitoraggio e la gestione delle fragilità funzionali e sociali del sistema cittadino;

Contributo di Carlo Geri

Si segnalano, le iniziative già in corso, come la Tessera Salvavita per i Senzatetto o la Busta Rossa del Comune di Milano e di Cinisello Balsamo.

Contributo di Massimo Casa

“Deciso investimento sulla condivisione dei dati tra PA centrali, regionali, altri enti (Agenzia Entrate, Catasto, Regioni, ecc.) e amministrazioni comunali, con la massima interoperabilità: “si pensi ad un «fascicolo digitale del cittadino», sul modello di Milano, accessibile dalla piattaforma del comune, alimentato da diverse fonti (tributarie, fiscali, sociali, anagrafiche, territoriali, ecc.). Analogamente, superando la vecchia logica catastale, andrebbe creato, in sinergia tra amministrazione centrale e locale, su base GIS, un fascicolo digitale per ogni fabbricato e unità immobiliare, arricchito di tutte le informazioni territoriali ed interoperabile con le informazioni dei cittadini e delle imprese. Nei comuni che hanno un Catasto digitale (ad es.Bergamo) il progetto può nascere “dal basso” per iniziativa comunale e poi riproposto in altre realtà.

Contributo di Rosa Di Palma, dirigente del Comune di Barletta

Tanto il CAD - Codice dell’Amministrazione Digitale (all’art. 60 “Base dati di interesse nazionale”, comma 3 bis) quanto il testo aggiornato del DECRETO LEGISLATIVO 7 marzo 2005, n. 82 (all’art. 62) dovrebbero prevedere un’ Anagrafe Nazionale Immobiliare Digitale (ANID). Obiettivi dell’ ANID potranno essere: la semplificazione amministrativa della gestione del patrimonio immobiliare pubblico e privato; la prevenzione dei rischi; l’accelerazione del processo di automazione amministrativa e il miglioramento dei servizi per i cittadini.

L’ANID potrà integrare, per tutte le finalità previste dalla normativa vigente, il Catasto dei Fabbricati, istituito con l’emanazione del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, nel rispetto della titolarità dei dati ivi presenti, il cui aggiornamento potrà essere assicurato dai rispettivi titolari in cooperazione applicativa.

L’ANID potrà assicurare la disponibilità dei dati e degli strumenti per lo svolgimento delle funzioni di competenza dei Comuni, dei professionisti e dei cittadini e di ogni altro soggetto titolare e/o fruitore legittimato alla gestione degli stessi e garantisce l’accesso ai dati in essa contenuti da parte delle pubbliche amministrazioni per le relative finalità istituzionali, secondo le modalità di cui all’articolo 60, comma 2-bis del presente CAD.

Con il subentro dell’ANID potrà essere istituito il fascicolo elettronico del fabbricato, che andrà redatto obbligatoriamente per i nuovi edifici non ancora collaudati. Il fascicolo riferito a un fabbricato strutturalmente indipendente e alle sue pertinenze dovrà contenere le informazioni riguardanti la situazione progettuale, urbanistica, edilizia, catastale, strutturale, impiantistica e gli estremi degli atti autorizzativi. Sarà facoltà dei cittadini accedere in rete ai dati contenuti nell’ANID, secondo le modalità di cui al comma 1 dell’articolo 6 del CAD, ovvero richiedendo presso il Comune di competenza la copia analogica del fascicolo digitale, secondo le modalità di cui all’art. 23 del CAD.

La gestione dei dati del fascicolo, per i fabbricati pubblici, potrà essere demandata all’amministrazione pubblica che ne detiene l’intestazione mentre la consultazione potrà essere consentita anche al soggetto che, a vario titolo, ne detiene il possesso. Tra i contenuti dell’ANID dovrebbero essere inclusi: codice fabbricato; dati catastali; titoli edilizi; planimetrie dei fabbricati; collegamento alle visure catastali delle singole unità immobiliari; titoli di proprietà; progetti di manutenzione ordinaria e straordinaria; certificati di autorizzazione e di agibilità rilasciati dalle autorità competenti; certificati di conformità degli impianti; certificati di collaudo statico e/o sismico; riferimenti dei contratti di locazione; dotazioni digitali e tecnologiche.

Dovrebbe altresì essere esplicitato un piano graduale di subentro all’ANID e i criteri di interoperabilità con le altre banche dati di rilevanza nazionale, regionale e comunale, nel rispetto della normativa sulla protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e delle regole tecniche del sistema pubblico di connettività, ai sensi del CAD”.

  • Ridefinizione dei rapporti tra gestori delle utilities urbane e amministrazioni locali finalizzata alla condivisione e al rilascio dei dati con finalità di pubblica utilità;

  • Sistemi di condivisione dei dati con i cittadini;

Contributo di Adriano Bisello

“Aprire l’uso e condivisione dei dati anche a terze parti certificate così da permettere un’interazione positiva tra amministrazione locale e start up, sviluppatori, centri di ricerca”.

  • Secondo un “principio generativo di utilità”, connettere e integrare i dati prodotti da diverse utilities presenti sul territorio per generare nuovi asset informativi e, quindi, nuove dimensioni di presidio e di intervento;

Contributo di Massimo Casa

“Creare un sistema pubblico condiviso dei dati, dove confluiscano anche i dati delle utilities e dei gestori delle reti infrastrutturali, che restituisca un quadro conoscitivo aggiornato in tempo reale, con le opportune precauzioni per la garanzia dei dati sensibili”.

  • Agevolare strumenti agili per gli accordi multi – attoriali come, ad esempio, il “partenariato dell’innovazione” messo a disposizione dal legislatore (Art. 65 del Codice dei Contratti) nei casi in cui la peculiarità dei servizi da acquisire non possa essere soddisfatta ricorrendo a soluzioni già disponibili sul mercato;

  • Aumentare le competenze interne alla PA per la costruzione di una nuova domanda di servizi e per innovare le opportunità di procurement.

Contributo di Adriano Bisello

“Implementare all’interno dell’amministrazione locale una formazione specifica di responsabili e figure apicali di settori all’approccio integrato richiesto dalla Smart City in modo da rompere la tradizionale struttura compartimentata della PA”.

Contributo/1 di Franco Amigoni, Assessore all’Innovazione del Comune di Fidenza

“Proprio ragionando sugli attori, a cominciare dalle utilities che spesso raccolgono molteplici soggetti territoriali, le control rooms potrebbero essere pensate anche come un nuovo «punto di cristallizzazione» attorno al quale coagulare dati ed elaborazioni di gruppi di comuni di minori dimensioni. È fondamentale che d’ora in poi, per chi non lo avesse già metabolizzato all’interno del proprio sistema di governance, ogni contratto e ogni progetto vengano impostati nella logica della implementazione di banche dati accessibili e interoperabili, possibilmente seguendo ontologie standardizzate a livello europeo. La cittadinanza attiva in questo caso si può coniugare ottimamente con «control rooms» organizzate secondo criteri di decentralizzazione delle fonti. Un esempio può essere quello delle «Centraline dal Basso» per il monitoraggio della qualità dell’aria (PM10, PM 2,5 e NO2) tramite sensori low cost, che in realtà di medio piccole dimensioni come Fidenza hanno consentito di raccogliere dati ogni 5 secondi h24 su decine di punti del territorio avendo come «tutor», nella grande maggioranza dei casi, singoli cittadini che hanno aderito all’iniziativa e hanno attivato il sensore presso le proprie abitazioni. In questi casi gli enti locali ai vari livelli e gli istituti dedicati devono essere facilitatori di una convergenza tra cultura amministrativa e cultura civica. Il crowdsourcing grazie ad un incontro corretto tra organizzazione e nuove tecnologie può essere decisivo in questo senso. Oggi le professionalità per analizzare i dati e modellizzarli per tradurli in azioni coerenti sono ancora poco diffuse, e andranno distribuite”.

Contributo/2 di Franco Amigoni, Assessore all’Innovazione del Comune di Fidenza

“I progetti dedicati all’ambiente e al «green new deal» devono essere pensati in un’ottica di sistema. Al livello locale la “produzione della sostenibilità” può realizzarsi attraverso capacità di monitoraggio supportate dalla sensoristica integrata. Realtà come ARPA e altre potranno beneficiare, ad esempio, degli open data prodotti a livello locale con centraline low cost, attivando percorsi di certificazione condivisa e integrando dati. Occorre essere in grado di moltiplicare le fonti affidabili a livello territoriale facendo leva sulla cittadinanza attiva”

Contributo di Massimo Casa

“Colpisce che, a un anno dall’esplosione della pandemia e all’alba del 2021 non vi sia ancora una piattaforma di monitoraggio dei dati sul Covid-19 digitale, interoperabile ed aggiornabile in tempo reale da tutti i soggetti preposti al tracciamento (Ministero, Regioni, Comuni, ATS, ospedali e, magari, anche medici di base). I dati vengono ancora trasmessi tra un ente e l’altro, con cadenza più o meno frequente, e spesso con modalità disomogenee di rilevazione. Andrebbe, piuttosto, creata una piattaforma digitale partecipata, che offra la possibilità di un accesso controllato pubblico ai dati e che responsabilizzi i vari soggetti istituzionali nell’inserimento di tutte le informazioni in un ambiente condiviso volto a superare la logica dell’adempimento. Le aggregazioni finali di dati, che determinano attualmente i colori delle regioni (rosso, arancio, giallo), dovrebbero avere alla base dati grezzi, certificati da chi è responsabile della loro produzione e visibili a tutti” .


GOVERNANCE COLLABORATIVA

Durante i mesi della pandemia le città hanno sviluppato diverse forme di collaborazione inter-istituzionale – attraverso tavoli di confronto con le istituzioni regionali e centrali – e inter-attoriale, con azioni di coinvolgimento degli stakeholder del territorio sia nei meccanismi di controllo dell’epidemia che nell’elaborazione e condivisione di strategie per il superamento delle attuali criticità.

Contributo di Massimo Casa

Si ricorda, a tal proposito, “l’accordo di collaborazione in atto tra i comuni di Bergamo, Brescia, Mantova, Cremona (Lombardia est) su diversi temi, tra i quali l’ICT e l’innovazione, lo scambio di esperienze e le ipotesi di collaborazione (es. disaster recovery comune, SPID, ANPR, PagoPA, ecc.)”.

Un dialogo multilivello efficace, un’informazione adeguata ai cittadini, meccanismi di coordinamento e di engagement sono essenziali per alleggerire le tensioni tra i livelli di governo e gestire le situazioni critiche. A tal fine si rendono necessari i seguenti interventi:

  • attivazione di reti permanenti di collaborazione con gli operatori e stakeholder del territorio per il supporto alla popolazione più vulnerabile e la gestione delle situazioni critiche;

  • attivazione di portali unici per l’informazione alla cittadinanza sui servizi e le agevolazioni disponibili, interoperabili con altre piattaforme abilitanti per la finalizzazione delle domande;

  • implementazione di modelli di governance partecipata per il disegno di strategie di crescita e sviluppo.

Contributo di Massimo Casa

“Creazione di piattaforme/ambienti digitali dei servizi pubblici e di uso pubblico presenti nelle città, alimentate da tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti (modello E015). Questo quadro comunale dei servizi, può far parte del Piano dei Servizi allegato al PGT comunale, non come una «foto» da aggiornare periodicamente con tutte le lungaggini burocratiche del caso, ma come una banca dati interoperabile, snella, aggiornata in tempo reale e a disposizione della collettività”.

Contributo di Franco Amigoni, Assessore all’Innovazione del Comune di Fidenza

“Valorizzare le professionalità e le competenze richieste per gestire nel modo migliore i processi partecipati, sia interne che esterne. Si tratta di competenze di nuova generazione e concezione, talvolta sottostimate ma in realtà fondamentali, che in una certa misura dovranno via via essere metabolizzate anche all’interno degli enti”.

Contributo di CPina

“Implementare un modello di data governance collaborativa aperto agli stakeholder, capace di gestire l’intero ciclo di vita dei dati e attivare iniziative di riuso, per estrarre valore pubblico, attraverso team di lavoro professionali e multidiscliplinari”.

Contributo di Tommaso Davi

“Oggi nelle nostre città si manifesta un nuovo sistema organizzativo del contesto urbano che non si basa solo sulla materialità e prestazione dello stesso ma è inclusivo della intelligenza interattività e connettività delle sue componenti, siano esse fisiche o digitali e che ne costituiscono la nuova piattaforma urbana. […] Il ricco capitale sociale unitamente al patrimonio artistico storico e culturale presente nelle città italiane e, in più ampio senso, la sua diversità, sono elementi che senza dubbio ne contraddistinguono la nostra esperienza di vita, un patrimonio che impatta in maniera significativa non solo gli elementi materiali ma anche quelli immateriali che concorrono nella formazione di una “nuova piattaforma urbana italiana.

[…] È in un momento storico come questo, dove si manifestano sfide e opportunità senza precedenti che il capitale sociale della città, inteso come l’insieme della società civile che fattivamente partecipa alla sua vita, unitamente agli attori del patrimonio storico-artistico e culturale, possono condurre una duratura fase di ripresa, alimentando lo sviluppo di soluzioni adatte ad affrontare le criticità più pressanti, sfruttando i naturali legami sistemici e trasversali fra le componenti di una data piattaforma urbana e garantendo così un adeguato, efficiente e tempestivo impiego di logiche di priorità oltre che di strumenti operativi per la risoluzione della crisi e il sostegno alla ripresa a vantaggio della città stessa.

Proprio questa è la dinamica che le istituzioni, unitamente al terzo settore, sono chiamate a facilitare:

  • esercitando strategie che rafforzino i legami e la collaborazione tra cittadini, amministrazione comunale ed enti pubblici;

  • integrando, laddove possibile, veri e propri think-tank civici, agili catalizzatori di relazioni con il settore privato per massimizzare le opportunità di co-progettazione necessarie per validare le soluzioni più innovative;

  • contribuendo a suggerire al governo centrale iniziative urgenti e concrete per lo sviluppo di città italiane sempre più inclusive e resilienti adatte per l’era Post-Covid”.


RIPENSAMENTO DEI MODELLI D’USO DEL TERRITORIO

Durante i mesi del lockdown, il ricorso improvviso e in maniera massiva allo smart working per molte categorie di lavoratori e le limitazioni alla mobilità urbana hanno suggerito il ripensamento dei modelli d’uso della città e del territorio secondo un nuovo paradigma che tenga conto del tempo e della prossimità come variabili principali per la destinazione e la distribuzione dei servizi.

Quello che, non solo città internazionali, ma diverse città italiane stanno guardando con interesse è il paradigma della “città dei 15 minuti”, che prevede:

  • diffusione di servizi di prossimità in un contesto non più di segmentazione e specializzazione ma di integrazione e di “mix funzionale”;

Contributo di Adriano Bisello

“Il mix funzionale è inoltre alla base del concetto di ottimizzazione energetica a scala di quartiere, fortemente spinto dalla UE all’interno del SET PLAN 3.2 (Positive Energy District)” .

  • “irrigazione policentrica” di spazi e parchi pubblici per facilitare l’attività di incontro e di loisir all’aperto;

  • incentivazione della micro-mobilità soft.

Contributo/1 di Franco Amigoni, Assessore all’Innovazione del Comune di Fidenza

“La straordinaria centralità funzionale dell’abitazione «aumentata» e rigenerata dagli interventi di incentivazione e di modifica dei flussi di persone e di dati deve trovare una nuova coniugazione con le offerte della città pubblica; nuovi legami e nuove modalità di sintesi dei bisogni e dei desideri. Il crinale pubblico/privato è destinato ad assumere nuovi significati”.

Contributo/2 di Franco Amigoni, Assessore all’Innovazione del Comune di Fidenza

“Alla luce delle considerazioni emergenti sull’uso della città, ci si domanda quale sarà il profilo urbano al 2030, o comunque in un lasso di tempo sufficiente al dispiegarsi degli effetti dell’onda lunga della crisi, se non saranno più necessari gli spazi direzionali centrali, quantomeno nella misura attuale, se non saranno più necessari per gli effetti congiunti di e-commerce e cultura digitale diffusa i negozi «in sede fissa» con le caratteristiche attuali, se anche il residenziale non verrà sufficientemente aggiornato e ripopolato tramite iniziative convergenti a partire dal superbonus 110. La città potrebbe perdere la propria identità consolidata nel corso dei secoli.

Qui si pone una domanda che già il diffondersi di Amazon in Italia nel 2010 aveva posto: la governance locale e nazionale deve attivamente impedire questo scenario e imporne un altro, di rinnovamento dell’identità secolare urbana attraverso la sua reingegnerizzazione socio economica? Se la risposta è affermativa, con tutte le difficoltà legate al contrasto di una tendenza di lungo periodo, qual è il modello di comunità urbana del ventunesimo secolo cui la programmazione pubblica deve assicurare un luogo? Ragionare oggi in termini di «Piano Regolatore» evidenzia tutti i limiti in questa nuova fase, a meno di ripensare alla radice logiche, obiettivi e strumenti”.

Contributo/1 di LyLilly

Porre servizi essenziali come la sanità pubblica e la scuola “al centro della Città”, attraverso una dotazione diffusa territoriale di base, in grado di rappresentare un presidio permanente e un punto di contatto e di riferimento continuativo per i cittadini”

Contributo/2 di LyLilly

“Investire sui mezzi pubblici per favorire un loro maggiore e diffuso utilizzo da parte delle categorie più “fragili”: anziani, bambini e donne”

Contributo/3 di LyLilly

“Ampliare gli orari di apertura delle scuola al pomeriggio e favorirne un loro utilizzo anche durante il periodo estivo”.

Contributo/4 di LyLilly

“Liberare” gli spazi inutilizzati o sotto-utilizzati delle città per favorirne l’uso sociale e ricreativo”.

Contributo/3 di Franco Amigoni, Assessore all’Innovazione del Comune di Fidenza

“Le città cambieranno il proprio volto sia per le spinte centrifughe generate fra l’altro dalle conseguenze del lavoro agile, sia per le spinte centripete generate ad esempio dalla necessità di un massiccio riuso degli spazi pubblici per ampliare la capacità di assorbimento dei visitatori nel rispetto dei nuovi codici di comportamento pubblici; tali comportamenti saranno ridimensionati superata la fase acuta della pandemia ma lasceranno una traccia visibile in una rinnovata cultura dell’uso dello spazio urbano”.


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Chi siamo

Team redazionale del Libro Bianco Responsive Cities 2020 di FPA

Team redazionale

  • Gianni Dominici, Direttore generale FPA

  • Daniele Fichera, Senior Consulting Urban Innovation FPA

  • Clara Musacchio, Smart City & Community FPA

  • Eleonora Bove, Senior Content Manager FPA

  • Ciro Spataro, supporto per la visualizzazione dei testi su Read the Docs, gestione del progetto su Github, e utilizzo di Hypothes.is per la partecipazione.

FPA

FPA è la società del Gruppo Digital360 che da più di 30 anni favorisce l’incontro e la collaborazione tra pubblica amministrazione, imprese, mondo della ricerca e società civile. In tutti i suoi progetti, FPA adotta l’approccio del coinvolgimento delle community di riferimento, favorendo l’incontro e la collaborazione, nella convinzione che solo i processi partecipativi consentano una reale innovazione e modernizzazione del Sistema paese attraverso la costruzione di comunità di pratica. La mission di FPA è porsi al centro dell’innovazione supportando il cambiamento attraverso l’empowerment delle amministrazioni, dei loro dirigenti e impiegati, in sinergia con le componenti private e della società, attivando processi di engagement di cittadini e stakeholder, endorsement da parte degli attori istituzionali, enforcement dei sistemi di governance, monitoraggio e attuazione.

Cosa Facciamo

FPA si rivolge alle pubbliche amministrazioni, centrali e locali, e a tutti i fornitori di soluzioni digitali e innovazioni tecnologiche interessati ai processi e ai percorsi di cambiamento nella PA, offrendo loro servizi, supporto e consulenza nei seguenti ambiti:

  • Comunicazione.

    Comunicare per FPA significa valorizzare e promuovere politiche pubbliche, soluzioni innovative e buone pratiche; rappresentare i fenomeni emergenti per individuare, studiare e promuovere l’applicazione di nuovi modelli di government; progettare e gestire campagne di comunicazione e di sensibilizzazione integrate. Tra gli strumenti utilizzati: il portale forumpa.it e i portali dedicati alle specifiche iniziative organizzate nel corso dell’anno; la newsletter settimanale FPA NET, punto di riferimento degli operatori del settore per l’approfondimento e l’aggiornamento di buone prassi di innovazione tecnologica, organizzativa e istituzionale; gli account social, costantemente aggiornati e animati; le community online; le collane editoriali disponibili in formato cartaceo ed e-pub; l’attività di ufficio stampa gestita in collaborazione con l’agenzia d’I Comunicazione. Grande attenzione è riservata ai prodotti di comunicazione multimediali, come video interviste e rubriche (fruibili in diretta e con playlist registrate), podcast, videopillole.

  • Incontri e Manifestazioni.

    Organizzare eventi per FPA significa promuovere il networking e favorire relazioni e partnership tra amministratori, referenti politici, aziende e cittadinanza organizzata. Le manifestazioni istituzionali costituiscono un punto di riferimento per tutte le community di innovatori, pubblici e privati, impegnate nei percorsi di trasformazione organizzativa e tecnologica della PA e dei sistemi territoriali. Tutti gli eventi e le iniziative di FPA si sono evoluti in una forma ibrida che mette insieme la dimensione fisica e digitale, mettendo al centro il valore delle reti e l’interazione tra i partecipanti. Evento di punta è il FORUM PA che da più di 30 anni rappresenta la più grande manifestazione nazionale sull’innovazione e modernizzazione della pubblica amministrazione. Accanto a questo appuntamento, la “piattaforma FORUM PA” comprende tra le più rilevanti manifestazioni del panorama nazionale sul tema delle città intelligenti e sostenibili, delle politiche di coesione come leva per la crescita economica e lo sviluppo sostenibile del Sud e dell’innovazione del sistema sanitario nazionale. Tra gli altri eventi: i Cantieri della PA digitale (tavoli di lavoro a porte chiuse in cui i più autorevoli operatori pubblici e privati disegnano i percorsi di attuazione della PA digitale); i convegni di scenario pubblici e gli incontri executive a porte chiuse, su tutto il territorio nazionale, realizzati in partnership con amministrazioni e aziende; i webinar, fruibili sia in diretta sia attraverso le registrazioni e i materiali messi a disposizione; i digital talk, tavole rotonde digitali live organizzate per favorire il dibattito tra le community di innovatori attivate da FPA e coinvolte in numerosi appuntamenti e incontri nel corso dell’anno.

  • Ricerca, Advisory e Formazione.

    Lavorare su questi filoni significa per FPA approfondire i meccanismi di innovazione in corso, sostenere le amministrazioni nei percorsi avviati e accompagnarle nel migliorare, nel rafforzare le competenze in un’ottica di capacity building, tramite analisi dei fabbisogni individuali e organizzativi, individuazione dei temi emergenti per la PA, progettazione e organizzazione di iniziative di formazione seminariali. Tra le attività di punta i progetti di accompagnamento rivolti alle città italiane per individuare i punti di forza e di debolezza delle politiche di innovazione e definire priorità, azioni e progetti su cui puntare; i progetti dedicati all’accompagnamento ai processi di empowerment ed engagement rivolti alle amministrazioni in ambito open data, transizione al digitale, servizi online, smart working; FPA Digital School, la piattaforma di elearning e il concept di formazione di FPA finalizzati ad offrire alle amministrazioni, ai propri dipendenti e ai professionisti che lavorano nella PA un catalogo di corsi on line e appuntamenti seminariali (webinar, laboratori e Campus) dedicati ai temi delle competenze digitali e trasversali, dello smart working, del project e dell’agile management, della gestione documentale, della sicurezza e privacy dei dati e dell’innovazione e trasformazione digitale della PA.


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